Una sentenza della corte costituzionale sulla lotta alla corruzione ha scatenato una tempesta politica in Ucraina. La decisione, resa nota il 28 ottobre, indebolisce notevolmente l’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione (Nazk), uno dei tre organi creati dopo il cambio di regime del 2014 per contrastare il malaffare. Tra le altre cose, la sentenza rende impossibile per i cittadini accedere ai dati patrimoniali delle personalità pubbliche e depenalizza le dichiarazioni false sui patrimoni. Secondo Andrij Borovyk, direttore di Transparency international Ucraina, la corte “demolisce le riforme contro la corruzione, che si stavano dimostrando molto efficaci”, mentre il presidente Volodymyr Zelenskyj, eletto nel 2019 dopo una campagna elettorale incentrata sulla lotta alla corruzione, ha dichiarato che “gli ucraini non tollereranno passi indietro” in materia. Due giorni dopo la sentenza Zelenskyj ha presentato in parlamento un progetto di legge per annullare il pronunciamento della corte e revocare i poteri dei giudici costituzionali. Come spiega Ukrinform, “Zelenskyj è convinto che lo scontro con la corte costituzionale sia un ottimo punto di partenza per una più ampia riforma del sistema giudiziario, che ripristini la fiducia dei cittadini nelle istituzioni”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1384 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati