Il 6 novembre il presidente del Guatemala, Alejandro Giammattei, ha detto in conferenza stampa che a causa dell’uragano Eta “circa seimila famiglie hanno perso i loro campi” e 150 persone sono morte o disperse. Intere comunità sono finite sotto il fango, molte case sono state abbattute e i raccolti sono andati distrutti. Nel dipartimento di Izabal, una delle zone colpite dall’uragano, ci sono molti casi di covid-19. Il 9 novembre la protezione civile del Guatemala (Conred) ha reso noto che più di undicimila persone, che hanno perso tutto o non possono tornare a casa per le inondazioni, hanno trovato riparo nei centri di accoglienza. Nel frattempo la commissione governativa istituita per la pandemia, la Coprecovid, ha raccomandato alcuni comportamenti utili a prevenire il contagio nei centri d’accoglienza temporanei, come l’isolamento di ogni nucleo familiare in una tenda di nylon, con un distanziamento di tre metri fra una tenda e l’altra. Secondo gli esperti, a causa dei pochi mezzi che il paese ha a disposizione e della mancanza di preparazione nella gestione delle catastrofi, le raccomandazioni della Coprecovid sono difficili da rispettare. “I centri non sono attrezzati ”, dice Karin Slowing di Laboratorio de datos, un’organizzazione che segue l’evoluzione della pandemia. “I casi di covid-19 aumenteranno, perché nelle strutture di accoglienza non si riesce a garantire il distanziamento”.
Condizioni igieniche
David De León, portavoce della Conred, ha detto che sono stati attrezzati centri per gli sfollati nei dipartimenti di Izabal, Petén, Quiché e Alta Verapaz. Per i danni causati dall’uragano le autorità hanno decretato lo stato di calamità in nove dipartimenti del paese: Petén, Quiché, Alta Verapaz, Izabal, Chiquimula, Zacapa, Jutiapa, Progreso e Santa Rosa. In tutti, a eccezione di Santa Rosa, ci sono comuni considerati ad alto rischio per il numero di casi di covid-19 o per la percentuale di casi positivi. Nell’Izabal tre comuni su dieci (Puerto Barrios, Morales e Los Amates) sono zone rosse. In questo dipartimento c’è la maggior parte delle strutture per le vittime dell’uragano Eta: sono 41 e ospitano più di quattromila persone, più di cento per ogni centro. A preoccupare sono il sovraffollamento, la difficoltà di accesso all’acqua e le condizioni igieniche. Secondo Slowing, di Laboratorio de datos, nelle zone colpite dall’uragano e nei centri d’accoglienza si dovrebbero fare più tamponi, oltre a fornire a tutti le mascherine e a garantire l’accesso all’acqua potabile.
Julia Barrera, portavoce del ministero della sanità, ha assicurato che nei centri di Izabal, Alta Verapaz, Quiché e Petén si faranno più controlli per valutare lo stato di salute delle persone e individuare con tempestività eventuali casi di covid-19. Le piogge, le inondazioni e le valanghe hanno messo la pandemia in secondo piano, ma il Guatemala non è uscito dalla crisi sanitaria. “Siamo in una situazione di stallo”, dice Slowing. “Tutti i giorni ci sono tra i 650 e i 700 nuovi casi di covid-19. Servono una strategia di monitoraggio efficiente e più tamponi”. ◆ fr
◆ Più di duecento persone sono morte o disperse in America Centrale e in Messico dopo il passaggio dell’uragano Eta. Il bilancio più grave è quello del Guatemala, con 150 tra vittime e dispersi. Altre 57 persone hanno perso la vita in Honduras e 20 nello stato messicano del Chiapas. In Florida, negli Stati Uniti, l’uragano ha provocato alluvioni e blackout elettrici. L’11 novembre 2020 in Guatemala i casi di covid-19 erano 112.129, le vittime 3.832 (dati Johns Hopkins university).
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Questo articolo è uscito sul numero 1384 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati