Il 29 febbraio il governo di Édouard Philippe ha deciso di ricorrere al terzo comma dell’articolo 49 della costituzione (che consente di fare approvare una legge senza il voto in parlamento) per mettere fine al dibattito parlamentare sulla riforma delle pensioni, presentata in consiglio dei ministri il 24 gennaio.

Il comma fu inserito nella costituzione nel 1958 per evitare che un esecutivo con una maggioranza relativa non riuscisse a governare. Costringe infatti l’opposizione che vuole contrastare un progetto di legge a far approvare a maggioranza assoluta una mozione di sfiducia. Per questo motivo è stato usato spesso dal primo ministro Michel Rocard, in seguito alle elezioni del 1988, che non diedero a nessun partito la maggioranza assoluta, e da Manuel Valls, dopo che nel 2015 il suo governo perse l’appoggio dei verdi e di alcuni socialisti. In questo caso, però, la situazione è diversa, poiché il governo ha ancora una solida maggioranza parlamentare.

Una protesta contro la riforma delle pensioni. Parigi, 6 febbraio 2020 (Kiran Ridley, Getty)

Così, dopo aver ridotto ai minimi termini il dibattito in commissione e aver chiesto una “procedura accelerata” (per una riforma che deve entrare in vigore nel 2037) allo scopo di evitare una seconda lettura in parlamento, l’esecutivo ha deciso anche di impedire l’unico residuo dibattito all’assemblea nazionale. Questa decisione di autorità è solo l’ultimo atto del processo di messa a punto di una riforma complicata, che rivoluziona la logica con cui viene gestito un quarto della spesa pubblica francese e che riguarderà decine di milioni di persone.

Troppa fretta

Dopo due anni di cosiddetta concertazione, nell’estate del 2019, con la pubblicazione del rapporto sulla riforma curato dall’alto commissario per le pensioni Jean-Paul Delevoye, ci si è resi conto che su nessun punto erano state prese decisioni precise. Inoltre il rapporto era privo di dati quantitativi e verificabili. Anche la valutazione d’impatto del progetto, resa pubblica solo il 24 gennaio, è molto vaga. Come se non bastasse, la riforma prevede più di 29 decreti legislativi, una procedura tutt’altro che democratica, che priva il parlamento di gran parte delle sue prerogative, limitando il suo compito all’approvazione o meno del testo messo a punto dal governo. Per di più il ricorso a simili decreti, non ancora scritti, non permette di farsi un’idea precisa del futuro sistema pensionistico. Questo, unito alle lacune della valutazione d’impatto e all’ingiustificata precipitazione del governo hanno spinto il consiglio di stato a dare un parere molto severo sul progetto di legge.

Nel frattempo i dipendenti pubblici, che rischiano di essere i grandi sconfitti della riforma, non sanno ancora come il governo intenda agire per non fargli perdere tra il 20 e il 30 per cento delle pensioni future. E nessun progresso è stato fatto nemmeno in materia di mestieri usuranti, tema diventato particolarmente sensibile dopo la soppressione dei regimi pensionistici speciali.

Il risultato di questo processo mal gestito è che la maggior parte dei francesi è contraria alla riforma. Le organizzazioni sindacali ostili al progetto di legge rappresentano la maggioranza dei salariati e il mondo dell’impresa non è affatto entusiasta. In un contesto già molto teso,il ricorso al terzo comma dell’articolo 49 si può quindi spiegare con la consapevolezza che il dibattito parlamentare rischierebbe di mettere in evidenza l’approssimazione e la superficialità della riforma.

Facendo ricorso a metodi autoritari, il governo riuscirà probabilmente a far approvare il suo progetto, anche a causa dello squilibrio tra le istituzioni tipico della Quinta repubblica. Ma rischia di far crescere l’incertezza sul futuro e sulla stabilità del sistema pensionistico, perché la riforma sarà inevitabilmente messa in discussione da diverse forze sociali e politiche. Un risultato assurdo. Se il governo avesse voluto mettere i francesi gli uni contro gli altri, suscitare disordine nel paese e alimentare la sfiducia nella democrazia rappresentativa non avrebbe potuto fare di meglio.

In questo nuovo contesto una domanda va fatta soprattutto a quelli che finora hanno sostenuto, più o meno di buon grado, il progetto: continueranno ad appoggiare una riforma condotta in modo così autoritario e poco democratico? ◆ adr

Guillaume Duval è un giornalista francese, editorialista del mensile Alternatives économiques.

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Questo articolo è uscito sul numero 1348 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati